Cantieri aperti = madri

 

 

Care mamme e non, però comunque figlie,

 

lo so che dovremmo essere festeggiate ogni giorno, ma siccome ciò che è scontato, non risulta mai acquisito, diamo l’opportunità di farci festeggiare o di farlo alle nostre madri in questa occasione J

 

Condivido un testo nel quale mi ci sono ritrovata, perché il mito non esiste, ma la normalità imperfetta sì.

 

Sono diventata madre da “grande” e ho sperimentato che non esistono vademecum utili, né per sentire sulla propria pelle e soprattutto nel cuore la maternità, né per sentirsi capaci di far fronte all’evoluzione di coloro che abbiamo generato.

 

E ci ritroviamo con un quotidiano irto di imperfezioni, di vorrei-ma non ci riesco, di orologi dilatati all’inverosimile, di affettività che non sempre trova la giusta via e, nel mio caso, di un’adolescenza piena di ossimori..

 

Che fare? Mi verrebbe da dire: essere perennemente cantieri aperti, in costruzione, in restauro, in modifica: tolgo di qua, metto di là, provo con del materiale ecologico – il green va di moda -, scavo e vedo se viene alla luce magari qualche mosaico antico –non perché proveniamo dall’avanti Cristo -, frutto del lavoro personale ed archiviato nei nostri bauli segreti interiori..

 

Buona attività cantieristica allora! (semo anca in crisi, se rimettemo in moto l’edilizia andemo mejo ;-))

 

Ed ovviamente buona festa della Mamma, auguri!!

 

Eugenia

 

 

 

  

“Sono diventata madre quando il mio primo figlio era nato da tempo: anni, probabilmente. Non è una cosa che arriva insieme al parto, la maternità. E non la si trova, mai, nella luce, nel buon esempio, nella lista delle cose giuste da fare. Sta nascosta nel buio, nel primo buio: quello dove siamo cresciute. Quello dove, molte di noi, allevano i propri figli. Un posto segreto dove le donne seppelliscono gran parte di loro stesse, per nasconderlo alla vista di una nuova vita, che vorrebbero perfetta. E adeguata. E luminosa. Non lo è.
Tanto vale cominciare a dissotterrare quello che abbiamo messo via. Potrebbe esserci utile. Fuori la rabbia, che sotto pressione diventa esplosiva. Fuori la paura, fuori i ricordi: anche i più duri. Possiamo trovarci di tutto, lì dentro. Di sicuro c’è nascosta anche una bambina, la figlia che siamo state e che saremo per sempre. E’ lei che può dirci qualcosa. E’ lei, la maestra della nostra maternità: di chi ha figli e di chi non ne ha, ma ogni giorno, come tutte, mette al mondo se stessa”,(Stefania Rossotti)Image

Pensieri di quasi metà marzo

Ho preso un Sorso di Vita −
Vi dirò quanto l’ho pagato −
Precisamente un’esistenza −
Il prezzo di mercato, dicono.

 

M’hanno pesata, Granello per Granello −
Bilanciata Fibra con Fibra,
Poi m’han dato il valore del mio Essere −
Un solo Grammo di Cielo!

I took one Draught of Life −
I’ll tell you what I paid −
Precisely an existence −
The market price, they said.

 

They weighed me, Dust by Dust −
They balanced Film with Film,
Then handed me my Being’s worth −
A single Dram of Heaven!

Emily Dickinson

Pensieri di quasi metà marzo, da trascrivere, perché a volte il bisogno di conservarli diviene inderogabile.
Sofia sentiva il profumo della primavera, in cortile, di sera, qualche giorno fa, aspirava intensamente e condivideva questa dimensione olfattivo emozionale con me, che le camminavo accanto.
Mare : quanto desidero il mare, il suo odorare intenso, il suo andirivieni sui sassi, la sua magnificenza, la sua indefinita orizzontalità e tutto quel raccontare, a tratti sommesso, a tratti possente, prezioso al mattino presto ed alla sera tardi, quando ci si relaziona in solitudine.
Gambe: aria e sole sulle gambe nude, delizioso, impazienza di giornate miti.
Tulipani: si stanno rassettando per bene, nelle aiuole ripristinate dalla mamma, li sbircio quotidianamente, chissà se manca poco ad abbozzare un vestito nuovo.
Torrente “Rio”: si pavoneggia, vive nell’abbondanza, fa delle rumorose scorribande nelle cascatelle, sento le sue prodezze quando è notte, nel silenzio, chiudendo i balconi ad oriente. Vi facevano il bagno, ai tempi dell’infanzia, certi ragazzi belgi che arrivavano d’estate dai parenti, nella corte dietro la nostra; facevano dei gran schiamazzi, si divertivano, si mettevano sotto la cascata più grande, me li ricordo con un senso di rimpianto, a noi non era concesso.
Meno male mi sono rifatta, anni dopo, nella fantastica estate del ’75,  scivolando giù per il percorso di rocce ed acqua, con i ragazzi di Pine Haven, a Franconia, consumando il tessuto posteriore dei pantaloncini in jeans e finendo la corsa in una pozza di acqua gelidissima, ci voleva tutta l’adrenalina della discesa per ammortizzarne l’impatto 😉
Ogni tanto mi ritornano delle immagini, delle sensazioni, di quei mesi americani: “artiglio-artiglietto” di cartonata memoria, devo impegnarmi ad annotarle.
Cena con prevalenza di musicisti: conversazioni come un grande fiume di condivisione che si arricchisce di affluenti: e allora il Papa? Forse sarà un vescovo americano. Ma hai letto l’articolo di Forte sulla differenza di comportamento dei due ultimi Papi, sulla mistica slava della Croce del Papa polacco e su quella del servizio del Papa tedesco? Interessante, due culture diverse, due modi di servire. Ed il futuro governo? Ahi, se i grillini non mettono le mani nell’immondizia ed accettano la responsabilità di fare pulizia, non ne veniamo a capo, come essere in un vascello che galleggia a stento, tutto rabberciato, con nessuno al timone e tutti lì a vociferare sul ponte. Ah, il mare, sempre lui, avete sentito del disastro del poligono militare di Quirra, in Sardegna? C’è un processo in corso, ho letto una nota di Peacelink. E pensare che Torre Murtas era uno dei nostri luoghi preferiti, in splendida solitudine, colori mozzafiato, greggi che andavano e venivano dalla torre, ma non abbiamo più a cuore nulla! Apriamo il libro di vignette di Altan, Donne nude, con la sua feroce ironia e quelle espressioni che valgono più di pagine di descrizioni, ridiamo, delle immagini, di noi, una tragicommedia.. Meno male la bellezza della musica, girano gli spartiti, si sistemano i leggii, senti l’Estate, stiamo preparando le Quattro Stagioni per un concerto, e par di sentire l’aria del temporale che incombe, i calabroni che si mischiano all’afa; no, dai, facciamo Mozart, qual’è la mia riga, ecco, ho fatto confusione, son finito sulla tua, aspetta che la segno con un colore, i due violini e la viola si contendono il lungo spartito, si spostano per vedere l’ultima pagina, ecco, siete dei musicisti viandanti 😉 la violoncellista ha il suo spartito personale e si immedesima nella parte, salvo sistemarsi i capelli fra un brano e l’altro, vuoi mettere il fascino di un volto concentrato nella musica con la ciocca di capelli che scende obliqua sul viso?! 🙂  EccoTelemann, dai, proviamo questo brano di Purcell, bello, gli spartiti vorticano tra cartelline e leggii, le note si allargano, prendono il volo verso il tetto di legno bianco, fra le mimose che decorano la stanza, mettono in fibrillazione i tarli che dimorano nelle credenze antiche, si infilano fra le pentole, padelle, calici che si asciugano con maggiore leggerezza, fra le briciole in terrazzo, pronte per il banchetto della mattina dopo.. tosi, vardè che xè quasi mezzanotte e domattina tutti ai propri posti, compresa la sioreta che ha la sveglia all’alba! Sì, dai, almeno le note di “tanti auguri a te” con il pianoforte, ghè mancava quelo e i miei ottantenni che dormono nell’altra ala al piano inferiore avranno il sonno difficile..
Temporale, lampi, tuoni, chicchi di grandine sulle ciotole di viole, non ci sono più le stagioni di una volta, altro che le sue Stagioni, caro Vivaldi, sono divenute ossimori, contengono tutto ed il loro contrario.
Quasi come la lettura dal Canzoniere del Petrarca, stasera, altre mura, quelle nobili del liceo, altra musica, la potenza di Liszt, suoni vorticosi, recitazione.
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Il cigno fa cadere perle nel lago di Fimon,  le aveva pescate scomparendo con la testa sott’acqua, incurante del mio rubargli un’immagine.
Non ho ancora scelto la pagina per il pomeriggio autobiografico, mi paiono banali, sento le storie stridere fra di loro. Mi mancano quelle che contano forse, oppure quelle che il tempo mi ruba. Dovrei fare come dice Erri De Luca:
“Più invecchio e più le persone che ho conosciuto non ci sono più.
E io non riesco a fare pace con nessuna di queste assenza.
Allora che faccio? Scrivo. Prendo un episodio del passato e mi metto a scrivere.
Dentro al passato quelli che tu ami, stanno tutti là, non ci manca nessuno. E allora scrivendo costringo queste persone, che si sono andate a cacciare in quell’aldilà senza il mio permesso a essere di nuovo con me.
Fino a che scrivo loro stanno con me.”
Erri De Luca

Riflessi domenicali

Verrebbe da dire: narrare l’autunno, se non fosse per il verde che, nonostante la lana grigia, scoperchia il paesaggio.

La mamma mi chiedeva stamattina se non mi piace ascoltare la pioggia nel dormiveglia, no, mi mette tristezza, rimpianto di luce.

Cerco di trovare un senso a questo groviglio di eventi, impegni, contabilità edilizie indigeste, leggendo “Ogni giorno”. di Olav Hauge:

Le grandi tempeste
le hai alle tue spalle.
Non domandavi un tempo
perché esistevi,
da dove venivi o dove stessi andando,
eri soltanto nella tempesta,
eri nel fuoco.
Ma si può anche vivere
nella vita d’ogni giorno,
il grigio calmo giorno,
piantare patate, rastrellare foglie
e raccogliere rametti,
ci sono tante cose a cui pensare al mondo,
a tutto non basta la vita di un uomo.
Dopo il lavoro puoi arrostire il maiale
e leggere poesie cinesi.
Il vecchio Laerte tagliava i rovi
e rincalzava il fico,
e lasciava gli eroi combattere a Troia.

… e mi sforzo di trovare vita in questi fogli cifrati, nella noia della biancheria che si sporca, si lava, si piega, si sporca  di nuovo, nell’insalata da mondare,  nella teiera che aggiunge profumo e calore alle filigrane notturne.

“La vera formula dell’attendere è forse questa: non prevedere niente, se non l’imprevedibile. Non aspettare niente, se non l’inatteso.” Christian Bobin

Ecco, l’inatteso, mentre le mani di Sofia dialogano con la tastiera, questo alternarsi di note in preparazione del concerto di domani, l’imprevedibile, che quando arriva spesso spaventa, perchè spodesta il calendario di pedine e porta con sè anche “il grigio calmo giorno” .


“Forse devi fidarti anche delle zone inesplorate del tuo cuore, del tuo animo, quelle che seppellisci dietro infiniti ragionamenti e pensieri. Forse finora hai vissuto usando solo il tuo emisfero sinistro, la razionalità, la testa, il calcolo, ma hai constatato che le reti non si sono riempite. Forse devi cambiare registro, dalla filosofia passare alla poesia, dal ragionamento alla “follesofia”, cioè a quella sapienza un po’ folle che penetra il nocciolo della realtà con la sensibilità e l’intuizione, la bellezza e la creatività.”

Luca Buccheri fa presto a dire di usare l’altro emisfero! Nonostante la predilezione o il desiderio di questa “follesofia” gli emisferi si contaminano, come quelle ampolle di olio e aceto che assomigliano ad alambicchi e mediano già la miscela. Quei ragionamenti capricciosi che si insinuano come folletti nelle ore di veglia e fanno sì che il “mio passo di marcia assomigli a quello dei militari russi”, come dice Enrico – il collega creativo della scrivania a destra, ecco ancora di emisfero destro si tratta :) sorridente

“Tutti i pensieri intelligenti sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli. Di solito rispondo con questa frase di Goethe a tutti quelli che mi chiedono di giustificare il mio ricorso alle citazioni dei pensieri altrui . Sto per altro in buona compagnia, se è vero che sant’Agostino ha intarsiato le sue opere con qualcosa come sessantamila citazioni bibliche. C’è, però, una spiegazione più profonda che dirò con un’ulteriore citazione.
Bernardo di Chartres (XII sec.) usava un’immagine divenuta celebre: «Siamo nani sulle spalle di giganti». Non partiamo mai da zero, nella scienza e nella filosofia, nell’arte e nella religione, ma ci fondiamo su idee grandiose che ripensiamo. Idee e intuizioni di giganti sulle cui spalle guardiamo l’orizzonte infinito dell’essere e dell’esistere. Ed è per questo che vediamo più lontano. Gianfranco Ravasi”

Ecco, non partiamo da zero, abbiamo “spalle” possenti su cui posizionarci per aggiungere miglia allo sguardo interiore, per scalfire la quotidianità fatta di tanti emisferi sinistri, che marciano impettiti, da scombinare più che con follesofia con femminosofia, sulla quale Marisa invitava ad inventarsi e scrivere in una sera d’inverno ed ecco i miei pensieri di allora:

Femminosofia: un modo intimo di guardare il mondo, l’altro. Un attraversare campi arati di fresco senza timore di sporcarsi; la tessitura forte e nello stesso tempo morbida, che sostiene il respiro quotidiano.
Femminosofia: le nuvole a colazione, l’iniziare con passi che  sanno di cielo, l’affrontare la guerriglia con àncore di umanità.
Le emozioni a pranzo, il mettere nel desco quotidiano la volubilità del cuore, condire le pietanze con le risate della leggerezza.
Le storie a cena, il sapersi parte di una storia, inventare una propria storia, essere storia per chi verrà.
Femminosofia: curare con la vita; essere grembo fecondo di gesti, pensieri, parole; ricucire diaspore, disegnare paesaggi sensibili e colti.
Esagerato? Utopistico? Macchè, estremamente femminile :) sorridente.

Buona domenica.



Estate? Forse, no, peccato..

Ho mancato l’appuntamento annuale con i ciliegi, hanno sconquassato il calendario e mi hanno presa in contropiede.. ahimè.. e che dire dei papaveri spavaldi sul ciglio dell’argine o le cascate di glicine tutte eleganti e morbide.. un assalto estivo..

Che smania di togliersi calze, di scoprire le braccia, ma non è solo quello,  c’è voglia di estate interiore, ma mi sa che ho avviato un programma sbagliato.. oggi è servito il cappotto, cosa mai non avrà funzionato??

Caso mai apro la porta, come invita il poeta Miroslav Holub:

“Apri la porta.
Forse fuori vedrai
un albero, o un bosco,
un giardino,
una città magica.
Apri la porta.
Se c’è nebbia, si diraderà.
Apri la porta.
Anche se troverai solo l’oscurità pulsante
o il vento che soffia,
anche se fuori non c’è nulla,
vai e apri la porta.
Quantomeno
entrerà un po’ d’aria”.
(Miroslav Holub)

San Valentino

Buon San Valentino: a chi vuol bene, a chi ha paura, a chi si è stancato di voler bene, a chi riparte, a chi sogna, a chi si stanca di attendere chi mai non giunge sulla soglia, a chi detesta dimostrarlo, a chi sta imparando, a chi pensa che è una ricorrenza commerciale, a chi pensa che invece è splendido soffermarsi sul voler bene, sul condividerlo e farne un gran dono, vale a dire a chi sale in mongolfiera e mantiene ferma la rotta, a chi invece perde quota e non se ne accorge, a chi si da un gran daffare a ricaricare il gas… insomma, niente è scontato, serve sempre un gran cuore ed una costanza granitica… Auguri! 🙂

“Non avere paura dell’amore.

Posa lentamente la tua mano

sul petto della terra e senti respirare

nel suo seno i nomi delle cose che lì stanno

crescendo: il lino e la genziana; il pisello odoroso

e le campanule azzurre; la menta profumata per

le infusioni in estate e la tela di radici di un

piccolo alloro che si organizza come una rete

di vene nella confusione di un corpo. La vita non è mai

stata solo Inverno, mai solo bruma e abbandono.

Sebbene piova ancora, che ti importa: posa

lentamente la mano sul tuo petto e ascolta il fragore

della tempesta che fa crollare i muri: esplode nel

tuo cuore una viola del pensiero, sarà dolce il suo

polline nella corolla di un bacio, non avere paura,

te lo chiederanno all’arrivo della primavera.”

Maria do Rosário Pedreira

Questa voce è stata pubblicata il 14 febbraio 2012. 1 Commento

Bianco e nero

Oh, Pallina con i cristalli sul velluto nero!.. Ma allora nevica di nuovo… Sarà anche fascinosa, sarà anche fiabesca, sarà che  ci fa paura perchè siamo traumatizzati da spread, Grecia insolvente, crisi – come dice Cerami in un delizioso articolo di qualche giorno fa sul Sole -, ma quando la giornata è di quelle feriali, operative sin dal servizio taxi all’alba (ma non erano finiti i giorni della merla??),  la poesia dei fiocchi mi incanta poco… E così pure penso per chi ha casa fredda o chi non ce l’ha..

Viviamo tutto come una continua disgrazia? Diceva Mentana ieri sera che siamo passati dal reality Concordia-Schettino a quello Roma paralizzata-Alemanno,  tutto ingigantito quindi? Mah… L’animo comunque è turbato da mancanze etiche che ormai cessano di stupire proprio per la  loro abbondanza – e questo cinismo è terribile -, ammanchi, plusvalenze ingorde, evasione senza cura del pubblico e sociale che ne risente, spauracchio del gas siberiano che pare abbia le ore contate e la Siria: da che parte sta la verità? Leggo articoli che esprimono pareri opposti, da dove attingere il discernimento?

« La vita è molto solida o molto instabile? Sono ossessionata da questa contraddizione. Dura da sempre, durerà sempre, affonda giù fino alle radici del mondo, quest’attimo in cui vivo. Ed è anche transitorio, fuggevole, diafano. Passerò come una nuvola sulle onde. Forse può darsi che, pur cambiando, pur fuggendo uno dietro l’altro così rapidi, abbiamo – noi esseri umani – una qualche successione e continuità, e che la luce ci attraversi. ma cos’è la luce? Sono così turbata dal carattere transitorio della vita umana che spesso mi succede di dare un addio, dopo aver cenato con Roger, ad esempio; o di calcolare quante volte vedrò ancora Nessa». Virginia Woolf

La mattina avanza, l’orario marcia imperterrito.. è ora di andare..

E se fosse il mio onomastico? 🙂

Domenica d’inverno

Domenica d’inverno, la spolverata esterna chiama colazione cioccolatosa, è di prassi l’occupazione del tavolo della cucina per turno grammaticale, verso mezzogiorno finalmente compare il violoncello, se non si studia almeno il giorno prima della lezione, impagabile sottofondo mentre sistemo doni natalizi ricevuti ieri sera – e chi l’ha detto che ci sono i giorni stabiliti per scambiarseli, farlo a febbraio è delizioso 🙂 -, andirivieni domestico, porte che si aprono, si chiudono, biancheria da raccogliere, insomma parecchio da “tambarare” come dice l’amico Toni…

Gita? Ormai è tardi, carburanti esosi, budget ridotto, vanno bene anche le colline limitrofe – ormai le stiamo battendo dall’autunno 😉 -, c’è chi vuole camminare sulla neve, allora bisogna salire un po’ , Santa Margherita, con la sua “vela” ecclesiastica così inconsueta.

Sentiero in salita – te pareva – , orme sulla neve, scarponi che si bagnano, querce giovani, altre mature, hanno ormai gli abiti sgualciti, alcune già svestite, pungitopo che si prodigano a mantenere in equilibrio le sciarpe bianche,occhieggiano qua e là bottoni colorati.     

“Mi fai una foto mentre salto?” Così magari il malumore evapora…

Ma le salite non finiscono mai? Sperando che questi fili d’erba non prenotino dall’ortopedico dopo aver dovuto posare con pesanti collane di cristallo..

La pelle pizzica per il freddo, meno male i guanti, ma per far le foto bisogna pur toglierli, mani di quercia che porgono rinfreschi, ufff, ammutinamento delle  batterie… zzzzrrrttttt… Meno male avevo colto la bocca aperta del riccio che si è fatto sfuggire la castagna, ecco, vedi, a chiaccherare troppo…

Sulla  via del ritorno la luce muta, si avvicina la sera e mi godo la parentesi senza pavimenti, piastrelle, laminati, sughero, battiscopa 🙂

LUIS ROSALES

L’ULTIMA LUCE

Sei simile al cielo verso sera, hai
la luce d’oro nelle pupille,
come un po’ di neve al crepuscolo
che sa che scende il buio.
E vorrei
accecarmi il cuore, cessare di vederti
cadere in te
come cade la sera, come la notte
acceca la luce del bosco che cammina
di cima in cima ogni volta più alta,
fino al ramo dell’isola dove si posa il sorriso
dell’ultimo sole,
lo so che avanzi
perché avanza la notte! e che illumini
tre foglie soltanto nel bosco,
e penso
che l’ombra ti renderà chiara e distinta,
che tutto il sole del mondo riposa
in te, il ritardato, l’infiammato
ramo del cuore dove ancora
trema la luce senza sole quando si compie il giorno.

Zucchero a velo di ghiaccio

Ecco, una spolveratina di neve, va bene così, il paesaggio contiene luce, la strada è sgombra, l’ovatta attutisce il mondo, i pensieri “fioccano”, basta accoglierli e riordinarli, ecco, manca l’ordine, come sempre… 🙂

Buona domenica con le parole deliziose di Olav Hauge:

” … I pini han raccolto cotone di cielo
e infilato i fiocchi tra i capelli,
e le betulle tendono i rami sottili
delicatamente, delicatamente…
Su pozze ghiacciate scrivono gli uccelli
su nuove lavagne.”

Dove c'è l'erba si finisce a gambe levate :-)

 

Soffiare.. se magari si spostano le nuvole…

Non male, è fine gennaio ed ho già riposto gli addobbi natalizi, scritto gli auguri per il nuovo anno.. Mi guardo in giro: quanto ci vorrà per riporre tutti i giornali, libri, riviste, ritagli, stampe, quaderni ed inviarli in grosse scatole verso la casa in collina?  Passo la spugna come i pensieri fossero scritti su di una lavagna.. non ci posso pensare ora..  Le grammatiche di nuvole non trovano calamai disponibili negli ultimi tempi..  verrà il loro momento…

“Luce. Gennaio. Mattina presto.
Respiro – e incorona lo sguardo
il vuoto abbagliante del cielo.
Ammettimi nei tuoi infiniti
presenti, luce che vieni e assolvi
ogni speranza e inutilità,
ogni dimenticanza.
Oggi, pieno di tempo,
di tanta chiarezza che mi sopraffà,
immergimi dentro il freddo azzurro che inghiotte il suono.”
(Gian Mario Villalta)

 

Esporta-importa, aria di traslochi..

Splinder in odor di chiusura, prova e riprova, alla fine fraun’istruzione e l’altra, pur con la mia ignoranza informatico-virtuale, ho traslocato il mio blog Fiocchi di nuvole 2 qui… peccato  per l’altro blog Fiocchi di nuvole, avendo perduto la possibilità di recuperare la password.

Vorrei promettere che renderò l’ambiente più attuale 🙂

Intanto buona domenica, fra vento gelido, studi di violoncello e pianoforte, intenzioni di pentole prossime..